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Caprera

Caprera

Se non in barca, passa da qui

E’ grande, attira, è come un pozzo gravitazionale cui non puoi sfuggire, ti prende con la sua storia, tesse la tela dell’arcipelago e poi ghermisce, ti avvolge con la sua straordinaria natura, con le impensabili pinete, tende la sua trappola a colpi di baie e scogliere, di orizzonti e sentieri, di golfi e casematte.
Poi ti rendi conto di essere a Caprera e di doverti misurare con l’Eroe dei due mondi che ha forgiato quasi a mani nude quest’isola e non puoi non capire che in qualche modo egli è ancora lì, mentre respiri l’aria ventosa e ti ammanti di mare e granito.

Si può dire che nessuna altra isola o altra zona del Parco dell’Arcipelago possa rivaleggiare con Caprera per vegetazione e boschi, tanto estese sono le sue pinete, la sua rigogliosa e fitta macchia mediterranea, le leccete, i ginepri. Il tutto aggredito ma non sopraffatto dall’accentuata ventosità che dalle Bocche di Bonifacio batte duramente isole e coste della Gallura.

Cala Coticcio

Per tutte le isole la tutela imposta dal Parco è spesso stringente, con zone di protezione di accesso sulla terraferma e con assoluto divieto di navigazione per quelle in mare. Nelle zone di riserva a terra, denominate “Ta”, è consentita la visita solo se accompagnati da guide autorizzate. La maggiore di queste zone, molto estesa, va a coprire grosso modo la parte ovest dell’isola, dalla veicolare dorsale fino alla costa, comprendendo anche la celebrata e fotografata Cala Coticcio, che molti chiamano “Tahiti”, con una certa ragione.
La detta strada principale, con un paio di vie parallele, attraversa Caprera da nord (Forte di Monte Arbuticci) fino a raggiungere la sottile punta a sud, Punta Rossa, dove fanno da padroni i possenti resti di fortificazioni militari, come la stazione delle torpediniere, le batterie costiere e le torri di avvistamento (un complesso difensivo che fa di Caprera la Iwo Jima italiana, come qualcuno la definisce).

Nella sua parte meridionale, il profilo insulare quasi impazzisce.
Baie, punte, istmi, spiagge, saliscendi tra un mare e l’altro, promontori, calette, alaggi e isolotti rendono la costa estremamente variegata, quasi “frenetica”, mostrando uno degli aspetti che più colpiscono di questa isola, quello di non essere bella e basta. Affacciata su una di queste insenature vi è la famosa e molto riservata Scuola Velica di Caprera.

Il golfo di Porto Palma, nella parte meridionale dell’isola

L’isola è disseminata di percorsi e di camminamenti già militari, ben indicati e gestiti dall’amministrazione del Parco dell’Arcipelago. Inizialmente, è opportuno percorrere i sentieri accompagnati da una guida, non tanto per motivi di sicurezza o autorizzativi, ma piuttosto per acquisire subito la conoscenza dei luoghi e per ricevere notizie sugli elementi del territorio, sulle biodiversità, sulle specie arboree e sulla storia dell’isola.
Caprera è vasta ed i percorsi sono molto estesi, raggiungono cale e attraversano fortificazioni, si snodano tra macchia mediterranea e boschi, si inerpicano su balze di granito, sconfinano su spiagge da cartolina, sono esposti al vento che li modella.
Ed il premio finale per l’escursionista è il mare meraviglioso dell’arcipelago.
Le cale e le spiagge più belle sono tutte raggiungibili dai sentieri e non soltanto via mare. Per alcune bisogna camminare molto, specie per quelle a nord (Cala Crucitta, Cala Napoletana, Cala Caprarese) ma i luoghi offrono sensazioni totali, definitive, ineludibili, quale che sia lo sforzo necessario per raggiungerle.

Cala Caprarese

Non distante dalla zona di ingresso all’isola attraverso il Ponte Moneta (nome popolare) che unisce La Maddalena e Caprera, oltre le belle pinete, vi sono due strutture museali: a sud il Centro di Educazione Ambientale, accogliente e ricettivo, mentre poco più a nord il Compendio Garibaldino, curatissimo ultimo ridotto dell’Eroe dove riposano le sue spoglie mortali, consente di ammirare le sue costruzioni, le sue opere, gli alberi da lui messi a dimora nonché la spiaggia che egli ha amato e che si apre sulla cala che ne porta il nome.

Il Compendio Garibaldino

Per quanto riguarda il rapporto con la sorella maggiore, La Maddalena eponima dell’arcipelago, l’isola di Caprera si pone con altissimo senso della distinzione pur non contrapponendosi, potendo entrambe mettere in campo il senso nobile delle loro diversità.
Nonostante (o a causa) del cordone ombelicale costituito dal ponte che le unisce, a dispetto dell’obiettiva vicinanza, ognuna delle due ha la propria identificabile caratteristica paesaggistica, la propria orografia ed una chiara identità insulare. Davanti a delle foto di calette o promontori prive di descrizione, riprese sulle due isole, non si ha difficoltà ad assegnarle all’una o all’altra. “Ognuna a modo suo”, come dice una pubblicità.
Caprera, a causa della sua conformazione mutevole e della linea di costa così varia, sembra essere di pari superficie rispetto a Maddalena, ma non è così, ella è minore di un quarto. Entrambe vantano storie similari, disabitate per secoli fino ai primi insediamenti rurali del XIX° secolo. In comune, un fascino straordinario.

Per un vero soggiorno a Caprera al viaggiatore occorrono giorni, una barca, mappe, acqua, maschera e tubo, libri di storia, crema solare, il cuore aperto. L’ordine di queste necessità è inessenziale, ma bisogna preparare tutto con cura.
L’unica cosa che è già pronta è l’entusiasmo: arriva da solo con il profumo dell’isola. La natura di Caprera è ibrida, parte naturale, parte derivante dalla mano dell’uomo, parte dalla mano di un Uomo, il tutto continuamente accarezzato dal vento che soffia dalle Bocche.
Da scoprire, con tempi e passaggi sardi.
Poi avviene, chissà come e perché, che ci si accorga sentirsi più ricchi, di una ricchezza definitiva.
Coincidenze.

La “spiaggia del relitto”, che è in primo piano