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Lampedusa

Lampedusa

Il significato di “piscina naturale”

Occorre fare pulizia delle negative sensazioni sedimentate e dell’idea di disperata frontiera che Lampedusa trasmette oggi di sè.
Se possibile, sarebbe altresì necessario riportare i giusti ritmi e la naturale cadenza della vita di paese, come erano anni fa. E magari, girarsi dall’altra parte quando ci si trova di fronte alle enormi installazioni di radar e di impianti di comunicazioni ora distribuiti sull’isola, specialmente a ovest, con recinzioni e reticolati inevitabili ma non per questo meno brutti.
Il problema dei migranti è importante, ma su altre scale, soprattutto sociali. Localmentre, dal punto di vista del mare, esso appare marginale e, detto senza nascondendersi, male o bene che sia, lontano.

Riuscendo a sfuggire a questi stati di cose e riportandosi sulle lente cadenze veramente isolane, Lampedusa si veste di mare e di Canale di Sicilia autentico, offrendosi così al viaggiatore con le sue bellezze, con i suoi spaccati, con i suoi delfini sottocosta, con i tramonti che rapiscono.
Impensabilmente, l’isola ha una natura geologica del tutto diversa dalla sue due sorelle del Canale. Se queste ultime sono duramente vulcaniche, Lampedusa invece è una placida piattaforma calcarea, geologicamente africana,  con un’altezza media di 100m sul livello del mare, con insenature affilate che la penetrano e sopratutto alte falesie e scogliere che cadono a picco.

Poche cale, poche spiagge, ma una di queste è soverchiante, “overwhelming”: la spiaggia dei Conigli davanti all’omonima isola dalla forma a goccia, un fascino marino assoluto per la quale tutti gli aggettivi per descriverla diventano tempo perso.
Notoriamente, qui le tartarughe vengono a deporre le loro uova. In estate, è incredibile come i volontari degli enti di salvaguardia naturalistica si adoperino,  notte e  giorno, come vigili urbani a gestire il passaggio e la viabilità biodiversa delle centinaia di curiosi turisti e degli stessi capapaci che, apparentemente ignari e tranquilli, nottetempo vengono a deporre. Così, succede che durante il giorno, uno qualsiasi di noi può trovarsi a camminare sulla spiaggia, curiosando e godendo del luogo e del sole, e mentre gira qua è là si imbatte in capannelli di giovani biologi marini che gestiscono, tra un sorriso ed uno sguardo preoccupato, turisti e covate di uva di caretta-caretta, come se niente fosse. Incredibile. Meraviglioso.

Il profondo canyon verso Cala Pulcino

Lampedusa, come forma, ricorda assai l’Emilia-Romagna. A est ci sono le case dei vip e qualche piccola insenatura, a nord essenzialmente solo alte scogliere, a sud-est vi è l’ampio porto con un paio di baie sabbiose vicinissime.
Oltre, procedendo verso ovest (e come ci si porta ad un miglio dalla costa, tanti delfini che vengono a giocare) si trovano stretti golfi e limitate spiagge. Oltre quella dei Conigli, spettacolo dominante sia dalla battigia che dall’alta scogliera, si trova Cala Pulcino che si raggiunge a piedi percorrendo un lungo canyon parziualmente boscoso che si rivela una delizia geologica e biologica.
Sulla rotta verso queste due spiegge, navigando questo lato sud, vi si trovano piscine naturali a ripetizione, fondi sabbiosi che sembrano messi lì per raccoglire la netta ombra sul bianco fondale delle ancorate barche, tranquillesotto il sole.

Il paese, raccolto intorno alle tre insenature che costituiscono il complesso portuale, fatte di basse e squadrate case, divise da strette vie, ricorda città nordafricane, di fatto non così lontane. Inaspettatamente, il nervoso traffico veicolare nel paese appare fin troppo vivace e decisamente innaturale, forse sospinto da un eccesso di presenza di forze dell’ordine, che sembra instillare nella comunità delle frenesie aliene.
La via centrale, via Roma, che dal golfo portuale più interno sale ed attraversa l’intero paese, è l’anima del centro urbano e con la sua zona pedonale risparmia il traffico a turisti e viaggiatori,  ma non il sole, che sulla strada lastricata picchia duro fino a sera.

Ecco, la sera, un momento magico.

Auto, pulmini, mezzi comunali, motorini, vecchie mehari, biciclette, apetti, qualsiasi mezzo atto a caricaricare gente costituisce un veicolo adatto ad alimentare la migrazione serale per raggiungere l’estremo ovest dell’isola, laddove si può godere di uno dei più bei tramonti del Mediterraneo, i minuti finali in cui il sole si adagia con delicata eleganza sull’orizzonte, facendo risaltare sul mare ormai rossastro l’isolotto di Lampione.
Divanetti, sdraio, furgoni-bar, efficaci poltroncine o scomode rocce o semplicemente la scogliera a picco, sono il punto di ritrovo per salutare l’estrema prodezza del giorno su questa isola, che sembra dire di saperla lunga.  Colori pazzeschi, complicità tra la gente, musica appropriata di sottofondo che arriva chissà da dove, l’aria ancora calda ma finalmente gradevole. Il viaggiatore si gode l’ovest e, terrapiattista per un attimo, attende il crepuscolo marino emergere dall’orizzonte insieme alla sera rinfrescante.

Lampedusa non è solo isola e snodo del Canale di Sicilia, è anche avamposto d’Europa, o sua retroguardia, a seconda del lato da cui la si guardi. Ci piace pensarla come in quella che è la sua naturale collocazione, un momento di pensiero geografico tra due continenti.
Davvero poca Europa a sud di Lampedusa…. un’isola cretese, un promontorio cipriota, poi più nulla, fine. Oltre questo parallelo solo Africa, solo la giugurtina Numidia.

Camminando sul brullo tavolato calcareo, fiutando il caldo vento africano, non sfugge al viaggiatore il ruolo di cerniera che Lampedusa, con un certo sussiego geografico e geologico, mostra di sé.
Caro viaggiatore, qui avrai sole, avrai mare, avrai insenature e tramonti, ma avrai anche un lembo di Europa vestito d’Africa.
E scusa se è poco.

Il tramonto, cercato e trovato