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Filicudi

Filicudi

L’isola, osservata dalla sommità di Capo Graziano

Analogie e differenze delle due sorelle eoliane dell’ovest, Alicudi e Filicudi.

Il villaggio preistorico

Quest’ultima è più grande, più strutturata, dotata di una normale viabilità proporzionata alle dimensioni dell’isola, le zone alte abitate sono raggiungibili senza difficoltà purché si abbia un qualsiasi mezzo veicolare, praticamente obbligatorio su quest’isola per visitarla come merita.
Seppur ciottolose, vi sono delle spiagge semi-tradizionali ed un paio di stabilimenti attrezzati, con tutte le disponibilità ed offerte che servono per attrarre un turismo più convenzionale, sinonimo di “modernamente esigente”.
Vi è inoltre un’importante area archeologica collocata in cima a Capo Graziano (eponimo della cultura preistorica di cui si parla), con un villaggio del neolitico circa coevo della civiltà micenea, quella del Mito.
Continuando con le differenziazioni, Filicudi ha due distinti moli di attracco, il porto del paese che è quello importante ed un molo di uso alternativo (a seconda del mare e del vento) che si trova sul lato sud dell’isola, presso la frazione di Pecorini a mare.
Il giro dell’isola in barca offre scogli, pinnacoli (la

L’arco di Perciato, lava  a prismi

“Canna”), isolotti a sé stanti, due o tre baie riparate, la tradizionale “grotta del Bue Marino” un tempo ricovero della foca monaca, enormi archi tra gli scogli di evidente derivazione eruttiva.

Poi iniziano le analogie, con la sorella Alicudi.

Vi è una zona dell’isola, molto estesa, che è selvaggia, aspra e disabitata, che si eleva fino ad oltre 700m, da trekking impegnativo, che sale sui picchi dell’isola.  Si parla di tanta salita, di mulattiere faticose, capre selvatiche, fichi d’india e capperi selvatici, villaggi abbandonati, sentieri scoscesi, sciare…. Il tutto per arrivare sul picco e alla fine a dominare l’orizzonte.
Salendo, ci si imbatte in poveri capanni per l’agricoltura, molto lontani dal paese e raggiungibili di fatto solo via mare, alcune dei quali recentemente ristrutturati e resi abitabili, con comodità moderne, da chi non ha paura dell’isolamento.

Il lato occidentale di Filicudi, con le case isolate raggiungibili solo via mare

Poi, altro fattore di somiglianza, l’emigrazione massiccia della popolazione, dai 6000 abitati del dopoguerra, fino ai 300 abituali di oggi, la maggior parte verso Australia ed Argentina. Così sono venute meno le braccia per coltivare la terra e curare i terrazzamenti, che oggi a centinaia giacciono in abbandono e si mostrano quali testimoni di altre epoche.

La Sella di Rando

Incredibilmente simili tra le due isole sorelle sono le due storiche chiese, i luoghi di culto che sono anche gli edifici-testimonianze del XIX secolo su questi lembi di terra. La chiesa di S.Stefano, del 1827, domina la Sella di Rando, una vallata che precipita elegantemente verso il mare, ci dà una testimonianza di fede e di comunità, straordinariamente simile, per epoca, luoghi, alberi, murature, orizzonti e pendenze, con la chiesa di S.Bartolo di Alicudi.

Entrambe le isole sono un laboratorio di geologia a cielo aperto, i profondi spaccati nella terra, le fessure a strapiombo, gli archi naturali a mare, le lave a prismi, le tante stratificazioni mostrano il passato violento e caldissimo di queste isole durante la loro formazione.

Per finire con le analogie, si segnala l’onesto e comunque amabile fai-da-te del viaggiatore il quale, una volta sbarcato (come che sia…. in canotto, in elicottero o a nuoto, non fa molta differenza) si imbatte subito nella la mancanza di un infopoint e segnalazioni dei servizi di pubblica utilità, incombenza fattivamente lasciata agli isolani di buona volontà. Cioè a tutti, perché non c’è nessun filicudaro che non sappia istantaneamente calarsi nel ruolo di perfetta guida.

Il paese di Filicudi è essenziale ed accogliente, tutto sommato di modeste dimensioni rispetto al flusso numerico dei visitatori, poi la sera alle 22 è già tutto buio.
Località più interessanti come ricezione “serale” si trovano presso la contrada più in alto detta Rocca Ciavole ed anche a Pecorini-a-mare, dove vi è una piazzetta molto caratteristica che poi è il vecchio rimessaggio dei gozzi da pesca di qualche decennio prima, quando Filicudi era un punto pressoché sconosciuto sulla carta geografica.
Notevole di sera è la strada di collegamento tra queste frazioni, che si arrampica su di un fianco della collina e dall’alto si vedono le luci brillanti della costa siciliana, quasi che allungando un braccio le si possano toccare, nelle calde e serene notti d’estate.

Luna filicudara. Si notano Lipari e Vulcano ed in lontananza le luci della Sicilia

Non possono non attrarre l’attenzione del viaggiatore le antiche storie di streghe e di persone soggette a fenomeni medianici, di visioni e stati di trance, rapimento ed ipnosi, che sono proprie del patrimonio popolare di Filicudi, una narrazione particolarissima foriera di leggende. Anche ad Alicudi aleggiano storie simili, si potrebbero definire come le streghe di Salem in versione Eoliana.
La tradizione racconta di numerosi casi di allucinazioni, anche collettive, che colpivano i filicudari causando loro la visione di figure immaginarie, spettri e creature volanti.

Non sono chiacchiere…  La ragazza del bar, mentre ci prepara un buon cappuccino per colazione, ci testimonia con personale partecipazione che il nonno le raccontava di alcune sue visioni ed i suoi stati di incerta veglia in cui gli si presentavano esseri diabolici, fiamme improvvise, animali assurdi. La ragazza, scuotendo la testa, come per dire “il nonno era fatto così…” mostra lo scetticismo delle nuove generazioni.

Ma c’è del vero, è stata fornita una spiegazione scientifica di questi fenomeni che hanno quindi un possibile riscontro di verità. All’inizio del secolo scorso, nella preparazione quotidiana del pane, stante una certa miseria e penuria di frumento, gli isolani erano soliti mescolare la farina con un’altra ricavata da una segale selvatica che cresce spontanea sull’isola. Questa particolare segale è nota per contenere un principio attivo allucinogeno, la cui assunzione estesa da parte degli isolani si è manifestata come stati di allucinazione collettiva, che ha dato vita alle leggende che ancora oggi si raccontano e che ormai fanno parte del tessuto storico dell’isola e del suo folklore.

E per finire, una segnalazione un pò naïve ma appassionante sui tramonti delle Eolie.

Giocando con aliscafi e le mappe delle isole, è possibile incastrarsi in un giro di tramonti, diciamo una “pratica panoramica ed emotiva”, producendosi in un inseguimento verso est per correre dietro al sole il quale, tuffandosi nel Tirreno, illumina la sagoma dell’isola precedente ad ovest, attività che si potrebbe descrivere come: “saltare verso est, per godersi l’ovest”.
Nella guerra del Pacifico lo chiamavano “il salto della rana”, significava passare da un’isola ad un’altra per avanzare rapidamente, qui alle Eolie sta a sottolineare che, saltando da ovest verso est, è possibile trovarsi a godere del tramonto in cui il basso sole illumina in controluce, con straordinari colori vermigli, l’isola che è immediatamente più a ovest e da cui si proviene. Quindi, transitando alla successiva ad est, uno si trova ad ammirare il tramonto dietro l’isola che si è appena lasciata, che sta ad ovest di dove si è al momento.

Nell’infondata speranza di essere stati chiari, laddove le foto possono aiutare, si vuole sottolineare che si tratta di un gioco geografico, meraviglioso e anche artistico che, per quello che si sa, è possibile solo alle Eolie poiché si ha un allineamento O-E perfetto, almeno nella parte occidentale dell’arcipelago.
Il quale, a parole vibranti di luoghi che entrano nel cuore, si sviluppa come: Alicudi – Filicudi (punta Stimpagnato) – Salina (Pollara-Telegrafo) – Stromboli (cratere principale). Con un pò di attenzione si può coinvolgere in questo gioco anche Panarea, zona di Punta Milazzese.