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Palmarola

Palmarola

Palmarola a 2 NM

Un’anima esotica nel bel mezzo bel mezzo del Tirreno.
Molto più lontana dal continente di quanto dicano le carte nautiche e gli skipper, dalla forma vagamente somigliante all’italico stivale, Palmaria è la piccola duale di Ponza, se non altro per la comune origine vulcanica

Le palme nane

e per le loro scogliere sfaccettate che sembrano tagliate di netto con il coltello di Poseidone.
Praticamente disabitata, se si eccettua il punto di ristoro di Cala del Porto, essa deve il suo nome alla palma nana che una volta evidentemente copriva copiosamente l’isola ma che oggi sembra essere rimasta confinata solo sul lato di NE, verso Punta delle Brecce, dove orgogliosamente alligna.

È un’isola straordinaria per la varietà dei luoghi di mare, delle sue cale, dei suoi isolotti così diversi tra di loro, di grotte, di canali marini, di cattedrali vulcaniche, di faraglioni, di scogli piatti o verticali, delle spiagge e lingue di terra, delle sue improvvise e diffuse secche, che saranno pure pericolose ma rendono il colore dell’acqua più verde che mai, come se il fondale irradiasse.
È proprio vero che le isole vulcaniche hanno una marcia in più.

L’interno ha la sua vegetazione importante, non ci sono alture rilevanti, si osservano alcuni ripari (definirli abitazioni è eccessivo) scavati nella roccia, probabilmente in uso a marinai in altre epoche. Si racconta che una volta l’isola fosse anche luogo di coltivazioni da parte dei Ponzesi, ma in tutta sincerità non se ne vedono tracce.

La forcina”, lato orientale, colori pazzeschi

Quello che colpisce di Palmarola è la sua fiera resistenza alla pressione turistica, la sua sorprendente attitudine biologica a non farsi deturpare od in qualche modo rovinare dall’assedio della moltitudine di barche nei gi
orni della stagione estiva.
Si parla di centinaia di imbarcazioni e di yacht che si distribuiscono lungo il suo periplo: turisti, famigliole e bagnanti sparsi ovunque, barconi “giro-di-un-giorno” che rilasciano umani dappertutto…. Ma Palmarola appare inattaccabile, l’acqua è sempre pulita e scintillante, non una chiazza oleosa od un rifiuto a galleggiare, spiagge e rocce libere da plastica, nulla, e così via fino alla fine del giorno, per tutta l’estate.
Una resilienza, come si dice oggi, davvero mirabile.

Ma lo spettacolo che rimane davvero negli occhi è lo spettro cromatico che brilla ovunque lungo tutta la costa, favorito dalle numerose secche, esaltato dal saliscendi dei fondali che

Isolotto Suvace

pare si modelli all’arco giornaliero della luce solare, alla varietà della vegetazione sottomarina, arricchita da tanta posidonia.

La navigazione del sud dell’isola fa immaginario perno intorno a Cala Brigantina, cinturata dall’isolotto che i Ponzesi chiamo Suvace perché ha la forma di un pesce.

Con cautela si naviga in mezzo ai tre Faraglioni di Mezzogiorno, sotto il più grande dei quali si apre un tunnel navigabile che va a sfociare, diciamo così, in un golfo interno al faraglione stesso e poi davanti alla punta meridionale di Palmarola.

Il tunnel sotto uno dei faraglioni a sud

Procedendo verso nord, si naviga sospesi nel verde smeraldo, nei colori meravigliosi della costa occidentale, verso Cala del Porto mezzo miglio più avanti.
Qui è dove molti gettano l’ancora per scendere a terra anche perché

Cala del Porto

vi si trova una spiaggia abbastanza ampia nonché un ristorante, tale o’Francese, che vanta una storia romantica che i proprietari non mancheranno di raccontarvi. È l’unico edificio in cui vi è una presenza umana continuativa, almeno nella stagione estiva, su questa isola che è disabitata per tutto il resto dell’anno.

La baia è protetta a ovest da degli scoglioni detti “le Galere”, per i quali la lava eruttiva, raffreddandosi in mare, ha creato forme bizzarre. Sul lato di sinistra, guardando verso terra, vi è un piccolo ma alto promontorio, il Faraglione di San Silverio, dove si scorge una piccola cappella dedicata al santo che si dice sia morto qui, esiliato.

Ancora Cala del Porto

Procedendo ancora verso nord, doppiando Punta Tramontana, si raggiunge Cala La Cattedrale, così denominata perché le strutture rocciose che cadono a picco sono state modellate dalle forze vulcaniche in modo da apparire come una cattedrale gotica. In effetti, le forme delle rocce che entrano in acqua danno l’idea di essere state lavorate da artisti, appaiono come canne d’organo che dalla superficie si elevano al cielo, al cospetto di uno specchio d’acqua dai colori impensabili. Rivolta a nord, la baia regala vedute impressionanti a tutte le ore del giorno.

Cala La Cattedrale

La costa orientale della sottile Palmarola (“sottile” perché l’isola è una lingua di terra stretta, il lato opposto, oltre le modeste alture, è ad appena duecento metri) è sostanzialmente una scogliera alta che si distacca dal mare con delle limitate spiaggette, intervallata da pinnacoli e rocce scolpite dalla natura, con grotte e piccoli anfratti, dove molti diportisti sono alla fonda per godere dei color e del ridosso dal maestrale, quando tira.

Piccola e ricchissima isola, variegata e sempre nuova ad ogni virata, Palmarola esprime una potente capacità cromatica che cattura l’occhio e sorprende il cuore.
Molto simile alla vicina isola sorella, sembra una Ponza in formato molto ridotto in cui sono stati rimossi tutti i segni della mano dell’uomo ma esaltati gli elementi geologici e della vegetazione.
Palmarola è fattualmente lontana dal continente e obiettivamente faticosa da raggiungere, molto di più di quanto possa apparire.
Ma è anche così vicina all’idea di isola esotica che quando alla fine ci si arriva, se ne rimane incantati.
Ma pur sempre, ed impensabilmente, tirrenica.

Ancora, Cala La Cattedrale