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S.Antioco

S.Antioco

Le alte scogliere a ovest

La cosa da non fare, prima di venire a Sant’Antioco, specie se uno ha tranquille finalità turistiche, è leggere il primo capitolo dell’“Annibale” di Paolo Rumiz.
Il motivo è che, a causa di questa lettura, si è attratti da quest’isola come una falena intorno ad una candela. Prima con il pensiero e le suggestioni, poi dai luoghi e dalle atmosfere, una volta arrivati in situ.
Desiderando di impadronendosi dell’orizzonte, si sale in cima al castello costruito sull’acropoli punica, si respira il vento, si annusa l’aria, si sopporta la calura, ci si piega ai colori che a loro volta si piegano alla Storia, quella di Sulki, il Sulcis di oggi, la Sardegna che rapisce.

Aperto il compasso del Mediterraneo e centrato su quest’isola, si capisce che c’è stato un tempo in cui Sant’Antioco era fulcro di popoli, commerci e civiltà, qui è impossibile non avvertire questo senso della Storia. E così il prudente visitatore, che pure pensava ad un tranquillo viaggio fatto di baie e spiagge da cartolina, si trova inopinatamente coinvolto in vicende e luoghi dall’età del bronzo in avanti, e non c’è verso di venirne fuori.
Dai viaggi che sono veramente tali si ritorna a casa in qualche modo cambiati, perché l’incontro con i luoghi, i mari, le storie, i popoli, odori e sapori, i tramonti, i miti, la gente, le tradizioni, il vento in faccia, gli imprevisti, le sorprese, i bagagli persi, la sabbia che scotta e mille diversissime cose che non ti lasciano uguale a quello che eri quando partisti. Più che mai, su quest’isola.
Sant’Antioco: e allora, c’è un prima e c’è un dopo.

Il Museo Archeologico di Sant’Antioco ed un particolare del Tofet

Il museo dedicato al grande archeologo Ferruccio Barreca non sfigurerebbe di fronte a complessi museali di ben altra fama, di paesi e città ben più celebrati. Giardinato, amichevole, elegante, linee ed edilizia mediterranea, sembra di stare sotto la veranda di casa.
Il fatto è che come ti giri e guardi dentro, ti trovi ad interrogarti su segni alfabetici venuti da lontano, enigmatiche maschere in pietra di altri millenni, epigrafi scritti da destra verso sinistra…. e così si mette in moto, rumorosamente, la macchina del tempo.
Dietro la struttura, sono direttamente accessibili l’acropoli ed il tofet, che sono del più antico insediamento fenicio in Sardegna, sapientemente curati al massimo dettaglio.

L’isola è grande, bisogna arrivarci, abitarla, girarla.
Seconda per estensione tra le isole minori italiane, ha un suo modo di essere trasversale, un pò isola ma anche continuazione territoriale sarda. Collegata velocemente all’Iglesiente con un istmo che è praticamente un pezzo di traghetto, Sant’Antico con San Pietro e le molte isolette che le circondano costituiscono l’arcipelago del Sulcis.
Troppo esteso l’interno, di fatto Sant’Antioco è una Sardegna in formato minore, con alture, piane, nuraghi a decine, valli e boschi, proprio come l’isola madre. L’alternanza dei colori tra terra, cielo e mare ricorda le sue regioni, apparendo come un rincorrersi di Logudoro, Gallura e Campidano.

La spiaggia di Sottotorre, Calasetta

Le grandi spiagge e le coste basse sono a nord, sul lato dell’isola che unisce i suoi due centri urbani, Calasetta e Sant’Antico paese.
Il lato orientale, ossia quello che dà sul Golfo di Palmas, è ancora dolce, al riparo dal maestrale, con le saline e gli arenili dai mille colori.

Il Nuraghe S’Ega Marteddu che domina Maladroxia

Quivi, le spiagge di Portixeddu e soprattutto di Maladroxia costituiscono un richiamo turistico più tradizionale, abbellito dalle colline che scendono sino a toccare il mare.

La costa ovest, che si sviluppa dopo le due ampie spiagge di Calasetta, è fatta di falesie, alte rocce, insenature, antichi fortilizi, fari e calette, che si alternano con continuità fino a Capo Sperone.

Più avanti, superata l’impressionante Torre Canai e dopo una certa risalita a nord, si apre la baia di Coaquaddus, che ricorda a tutti che cosa significa essere spiaggia in Sardegna, dove le bandiere blu, qualora avessero un senso in questa Regione, sono tali naturaliter e non per grazia ricevuta da qualche commissione.

Un angolo di Coaquaddus

Fantastico il logo scelto per promuovere turisticamente Sant’Antico, presente in tutte le modernissime colonnine informative diffuse in tutta l’isola, una presentazione davvero pregevole e apprezzata dai visitatori stranieri.

Il logo, moderno e realizzato con una certa vena artistica, mostra i richiami storico-naturalistici che caratterizzano l’isola, ma è da segnalare la tavolozza cromatica scelta, che esprime tutte le tonalità di verde con cui il mare di Sardegna si consegna agli occhi di chi l’ama.

 

Percorrendo la strada panoramica che arriva alla punta meridionale di Sant’Antioco, alta e snodantesi in mezzo agli ultimi campi coltivati dell’isola, davanti al mare aperto, con l’orizzonte luminoso davanti, arricchito dagli ultimi isolotti del Sulcis, prende corpo la sensazione inimitabile del viaggio lento come “affaccio costiero”.
Quel pensiero, quell’aspettativa interiore, quello stato d’animo che ti accompagna ad ogni curva e che genera l’ansia positiva di sapere che cosa ci sarà subito dopo, creando quella magia che crea l’attesa su quello che comparirà appena dopo il prossimo promontorio, su quale spettacolo si aprirà agli occhi e all’anima, su quale sorpresa naturale bisognerà interrogarsi, su quali colori, quali fiori, paesaggio o ambiente o opera di mano umana andranno a tessere un fine orizzonte per collegare mare e cielo.

Pensieri e parole rotolando lungo una strada litoranea, va bene anche sterrata e polverosa.

“rotolando verso sud”